mercoledì, gennaio 30, 2008

La musica indiana

La dottrina indiana afferma che nelle
estasi dell'amore e dell'arte possiamo
già ricevere un accenno di redenzione.
Questa teoria è anche la katharsis dei
Greci e si ritrova nell'estetica dell'euro
pa moderna quando Goethe dice:

Poichè chi percepisce la bellezza cercata
in ogni epoca è liberato da sè stesso.

L'esperienza della contemplazione
estetica ci dimostra che il paradiso è
una realtà.
In altre parole, gli effetti di un canto
nell' operare semplici miracoli sono di gran lunga inferiori agli effetti che esso
esercita sulla nostra interiorità.
Il cantante è ancora un mago e il canto è un rituale,una cerimonia sacra,un'ordalia destinata a fermare quella ruota dell'immaginazione
e dei sensi che è la sola cosa ad impedirci il contatto con la realtà.
Ma per raggiungere questo scopo l' ascoltatore deve collaborare con il musicista abbandonando
la volontà e riconducendo il proprio pensiero irrequieto a un singolo punto di concentrazione:
non è questo il tempo o il luogo opportuno per la curiosità o per l'ammirazione.
Il nostro atteggiamento nei riguardi di un' arte sconosciuta dovrebbe essere immune dal
sentimentalismo o dal romanticismo, poichè essa non ci porta nulla che non abbiamo già con noi
nei nostri cuori: la pace dell' Abisso presente in ogni arte è una sola e la medesima, che la si trovi
in Europa o in Asia.

(tratto da la danza di Shiva di Ananda K. Coomaraswamy )

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